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Seconda parte del racconto della previa della Finalissima tra Italia e Argentina. Siamo nella mattina del 1º giugno, giorno dell’attesa partita.

Il caffè italiano dovrebbe essere dichiarato patrimonio Unesco. E a denominazione Docg. Dovrebbe cioè essere consumato solo nel territorio Italiano, a prescindere dal tipo di macchina. Dev’essere l’aria o qualcosa del genere che fa la differenza. Trovare un buon espresso da queste parti è un po’ come svegliarsi con la pioggia. Ci si deve adattare.

Arriva il grande giorno della Finalissima e per l’occasione sbarcano altre migliaia di tifosi che invadono Londra e sobborghi. Se ieri la quotazione di scorgere magliette argentine passeggianti per strada era data circa 1,50 la posta, ora il banco sospende le quote: Londra è davvero albiceleste in ogni strada e ogni angolo.

Mi raggiungono anche Leo, Lorenzo e un suo amico, tutti italiani, ma mezzi argentini come me, venuti a Londra per tifare Argentina. Il che, mi dona sollievo mentale, non essendo l’unico nell’angusta/ambigua situazione. Subito andiamo in cerca di un pub dove proseguire al meglio la giornata. Chiusi tutti. Non hanno il minimo senso degli affari questi dannati servi della regina.

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Il primo appuntamento giornaliero è il Banderazo di Park King Edward VII a due passi da Wembley. Ma come, un altro Banderazo?? Cioè non è stato sufficiente quello di ieri? Direbbe qualcuno. Certo, ma c’è la doverosa necessità fisiologica di ottemperare a tutti i sacri rituali argentini. Quello di ieri erano un po’ le prove generali, quello di oggi sarà clamorosamente un evento da non perdere per nessun motivo al mondo. Poi, verrà anche la partita.

Scendiamo dalla tube a Wembley Park e ti ritrovi davanti l’immensa l’astronave con l’arco, che, se non fosse per le scalinate, assomiglierebbe più a un complesso di uffici che a uno stadio. Ai lati dei viali, centinaia di tifosi si fanno fotografare con i loro striscioni delle peñas, per un ricordo che avrà un posto speciale nel cuore e nello scaffale di ognuno. Più in fondo, ci sono le televisioni che trasmettono live dall’Argentina. Facciamo da sfondo anche noi, facendo un po’ di sano casino. C’è Esteban Edul, che è davvero un ragazzino, ma già grande professionista, umile e dalla grande disponibilità. Più in là c’è Tyc Sports, anche loro a Londra per l’occasione. Tutti con il grande fuoco dentro per un’altra apparizione della Selección Argentina, squadra che trascina e che fomenta ogni qualvolta scende in campo.

Ci avviamo verso il ritrovo. Sono le quasi le 14 e risento ancora una volta i battiti profondi dei bombos che da lontano fungono da richiamo. Quando arriviamo al parco ci rendiamo conto che il nostro sporco lavoro l’abbiamo compiuto. Ora bisognerà aspettare il corso naturale degli eventi. Il sole, intanto, fa da capolino alla giornata e le nuvole, minacciose fino ad allora, abbandonano la scena per un pomeriggio che preannuncia clamoroso.

I protagonisti del Banderazo sono quelli del giorno prima, ma con la piccola differenza che siamo molti, molti di più rispetto a ieri. Man mano che passano i minuti l’enorme parco si riempie fino all’inverosimile. Oltre ai cori e canti in appoggio alla Selección c’è la sacralità tutta argentina di esporre gli striscioni di appartenenza, di sorseggiare mate e di preparare il classico fernecito con ghiaccio. Già il Fernet .

Il Fernet è stato motivo di una possibile rivolta epocale nei confronti dei market 24h britannici. Semplicemente introvabile. Si narra che l’ambasciatore a Londra in prima persona abbia fatto da tramite per la fornitura di alcune casse del prezioso nettare. Altri, meno fortunati, hanno ripiegato su Jack Daniels o altri liquori simili, per l’immancabile degustazione della tipica bevanda argentina. Nella preparazione quasi maniacale del cocktail, un gruppo di ragazzi attira la mia attenzione per l’accuratezza del prodotto finale. Sono arrivati con apposite borse termiche per la conservazione del ghiaccio (per il fernencito) per tutta la giornata. Altro livello.

Intanto, gli ‘invasati’ non si fermano, ed anzi, si aggregano sempre più tifosi che saltano e cantano. Una festa clamorosa anche oggi, con la differenza che ora saremo senza esagerare due/tre mila persone. Anche la polizia arriva, discreta come ieri, e le televisioni immortalano l’avvenimento. Un ragazzo mi fa vedere sul telefonino in tempo reale la diretta nazionale in Argentina, dove appariamo anche noi. Locura. C’è anche il vikingo, l’inviato europeo di ESPN Argentina, Christian Martin, che cerca di fare il collegamento tv allontanando (scherzosamente) quelli del Boca, per ragioni prettamente ‘personali’. Personaggio, Martin, che nonostante la stazza imponente e la faccia da vikingo, è un pezzo di pane, impossibile non volergli bene. È lui che funge da mediatore con la polizia per far capire cosa diavolo stiamo combinando e cosa significa questo per noi. Mito.

Ora c’è davvero tanta tanta gente. Sole a picco, 24 gradi e bandiere argentine ti dicono che sei nel posto giusto nel momento giusto. Innumerevoli le fedi calcistiche presenti, con rivalità profonde come Boca e River uno a fianco all’altro per Messi e la Selección. E per provare l’estremo, mi viene un’idea. Chiedo a un bostero e a un millonario di mettersi vicini per una foto in nome del Pulga. L’esperimento riesce con successo. Lo stesso, con uno del Central e uno del Newells, cane e gatto in quel di Rosario: funziona di nuovo. Oggi è davvero una giornata benedetta da Signore.

In mezzo ai più scalmanati c’è un ragazzino biondo che attira la mia attenzione. Lo seguo con lo sguardo per alcuni minuti. È sulle spalle del padre e canta incessantemente, dimenandosi a torso nudo che se fosse il più navigato degli ultras. Avrà dieci anni ma è dentro alla situazione anche più di noi. Attiro la sua attenzione e lo saluto, e lui, per tutta risposta mi risaluta e mi fa ‘Vamos carajo’, manco fosse el Loco Bielsa negli anni d’oro del Newells.

Sono le 17 ed è il momento di mollare gli ormeggi. Un serpentone interminabile si avvia verso lo stadio. Tra cori incessanti e lo sguardo stupito degli abitanti delle case che costeggiano la strada, avanziamo verso Wembley. Addirittura qualche abitante al coro ‘el que no salta es un ingles’ (ma non capendo niente di spagnolo) ci imita, e compie qualche balzello in solidarietà con noi. Spettacolo.

Fumogeni, strade bloccate e fanno da cornice a un pomeriggio pazzesco, vissuto ancor più intensamente rispetto a ieri. Le ragazze poi, sono terribili. Ti aspetti una partecipazione di un 50/60% della ‘popolazione femminile’. Niente di più sbagliato. Da tranquille fanciulle come possono sembrare, al coro giusto le vedi scalmanarsi anche con più sentimento dei ragazzi, con schizzi di birra che inevitabilmente volano in aria. Locura. L’amore per la nazionale è qualcosa che prende visceralmente tutti, senza distinzione di età, sesso e genere. Di tutt’altra concezione rispetto ai normali freddi standard europei.

Mentre cammino mentalmente faccio un recap per riassumere tutte le situazioni della giornata. Pazzesche, intense, uniche, mai vissute prima. Il cuore si apre e vorresti star lì fino a notte fonda, mandando al diavolo anche la finale, particolare, per cui ti trovi lì in quel momento.

Personalmente, mi reputo più che soddisfatto. Le emozioni raccolte in questa metà giornata mi bastano e avanzano. La partita passa davvero in secondo piano. Io ho già vinto così.

2- continua

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