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Quell’anno il Wachiturro continuò a ballare sotto la curva e a far ballare la sua hinchada, tanto che venne convocato nella sub-20 della Selección Argentina ed entrò nelle mire del Genoa, dove si trasferì in prestito nel settembre 2013. I tifosi del Grifone, ammaliati dalle gesta sudamericane di Centurión, pregustavano già di esultare ai suoi gol, come avevano fatto con le reti di altri due argentini: Rodrigo Palacio e, soprattutto, Diego Alberto Milito, che come lui proveniva dal Racing.

I Genoani, insomma, erano già pronti ad innamorarsi e sognavano che il Wachiturro avrebbe prolungato le gesta del Principe e del Trenza.Così però non fu e Centurión venne rispedito al mittente, dopo 12 partite non propriamente indimenticabili e almeno una visita a tarda notte da parte dei Carabinieri, a causa del volume troppo alto della musica in casa.

I più fiduciosi si dissero che il ragazzo, forse, non era ancora pronto per il salto in Europa, ma la sua classe era indiscutibile. In moltissimi, però, puntavano già il dito contro di lui e contro i suoi atteggiamenti sfrontati. All’epoca girava già la sua celebre foto, dove imbracciava un grosso fucile in costume da bagno. “Mi piacciono le armi”, rispose lui, “però non ho mai commesso un delitto”. “Se fossi cresciuto in un quartiere pieno di yacht”, aggiunse poi, “magari mi sarei fatto delle foto con gli yacht”.

Nel barrio da dove viene Centurión, infatti, per ogni ragazzo che si salva, ce ne sono almeno tre che finiscono in prigione o sottoterra; a leggere la sua storia, è un miracolo che lui non sia tra quelli. Ricardo, infatti, perse il padre a soli cinque anni: lavorava in nero in una fabbrica illegale di fuochi d’artificio, che saltò in aria.

Nemmeno la madre poteva occuparsi molto di lui, perché lavorava come cameriera all’hotel Sheraton e arrotondava in un laboratorio tessile. A crescerlo fu la nonna Yaya, tifosa appassionata della Academia, che lo accompagnò ai provini di baby football al “Tita”, il centro sportivo delle giovanili del Racing. Furono dunque la nonna Yaya e il futbol a salvarlo dal barrio, quel barrio dove, a suo dire, tutti oggi lo guardano come un “signo Pesos” (come una banconota che cammina), quel barrio che nonostante tutto non riesce a smettere di frequentare.

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Una volta tornato ad Avellaneda, dopo l’anonima parentesi al Genoa, Centurión ritrovò proprio colui che non era riuscito a sostituire nel cuore dei Genoani, ossia Diego Alberto Milito, che dopo aver vinto tutto in Europa, era tornato a casa sua, con l’obiettivo di chiudere la carriera in bellezza, riportando alla sua gente un titolo che mancava da ben 13 anni. Insieme al Principe, Ricardo sembrò ritrovare anche la miglior versione di sé stesso. Centurión ricominciò infatti a umiliare i suoi marcatori, a sfornare assist e a segnare gol.

Il più importante ed indimenticabile di tutti fu quello che determinò la vittoria per 1-0 contro il Godoy Cruz, durante l’ultima emozionante partita del campionato 2014, che culminò con la conquista del titolo da parte del Racing e la vuelta olimpica al Cilindro di Avellaneda. Il testa a testa con il River Plate era stato estenuante e anche quel giorno i Millonarios, che inseguivano a soli due punti di distacco, stavano vincendo per 1-0 sul campo del Quilmes.

Il gol di Centurión fu dunque fondamentale per vincere il campionato e fece letteralmente franare gli spalti del Cilindro. Il primo titolo per Ricardo arrivò dunque insieme al suo primo gol di testa, non proprio il suo marchio di fabbrica, e questa volta non festeggiò con il solito baile del wachiturro, ma battendosi il petto, gridando come un pazzo e portando le mani alle orecchie alla Riquelme, come a voler sentire meglio l’esultanza della Guardia Imperial.

14 dicembre 2014: il Racing si laurea campeon argentino grazie alla rete di Centurión.

Sembrava l’inizio della sua vera ascesa ma Centurión, anche quella volta, non riuscì a spiegare del tutto le sue ali. Dopo questo campionato argentino giocato ad altissimi livelli, il prestigioso São Paolo decise infatti di acquistarlo a titolo definitivo ma, come era successo a Genova, la sua esperienza brasiliana si concluse con un mesto ritorno in patria, questa volta preso in prestito dal Boca Juniors. Se infatti continuava a non confermarsi come un campione, Ricardo dava semprel ’impressione di poter esplodere da un momento all’altro; gli Xeneizes speravano che lo avrebbe fatto indossando la azul y oro e gli concessero addirittura la numero dieci; la stessa di Maradona, di Riquelme e di Tevez.

Nonostante gli 8 gol segnati nel campionato 2016-17, che contribuirono alla vittoria finale del titolo, e alcune prestazioni che gli portarono addirittura gli elogi di Roberto Baggio, l’amore tra Centurión e il Boca Juniors non sbocciò però mai. L’irriverente sombrero con cui superò il portiere del River Plate, subito prima di segnare il gol che sigillò la vittoria per 2-4 al Monumental, non poteva infatti bastare, per nascondere i problemi extra sportivi che costellarono quella stagione del Wachiturro, tra cui la fuga dopo un incidente automobilistico, fuori da una discoteca, e una denuncia per violenza di genere.

Gli ultimi mesi della sua esperienza al Boca si possono equiparare a una relazione tossica, dove la volontà di rimanere era assolutamente unilaterale. Se non continuo con il Boca mi ritiro” aveva minacciato Ricardo a fine stagione e, al termine di un lungo tira e molla, la dirigenza bostera sembrava essersi convinta, nonostante tutto, ad acquistarlo a titolo definitivo. Il giorno prima di firmare il contratto, Centurión venne però coinvolto in un nuovo episodio di violenza in una discoteca di Lanús, così che il Boca Juniors decise di ritirare la propria offerta.

Quel rinnovo, dunque, non arrivò mai. Arrivò invece il suo ancor più deludente ritorno al Genoa, dove venne relegato ai margini della rosa da Juric, dopo aver partecipato a una live a tarda notte il giorno prima di una partita. Dopo soli sei mesi in Italia, arrivò però anche la sua terza ed ultima occasione di rinascita al Racing, il club che lo aveva cresciuto e che era disposto a riaccoglierlo come il figliol prodigo, concedendogli addirittura la maglia numero 22 di Milito, una maglia che scotta la pelle se indossata dalle parti di Avellaneda.

Fu lo stesso Diego ad investirlo di tale onore, consegnandogli una camiseta che sembrava destinata a finire in una bacheca del club e a non essere mai più indossata. Passato poco tempo, tuttavia, dimostrando scarsa riconoscenza, Ricardo chiese di poter indossare la 10.

2 – continua

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