1 5 minuti 2 anni

“No escucho y sigo, porque mucho de lo que esta prohibido me hace vivir” (non ascolto e continuo, perché molto di ciò che è proibito mi fa vivere).

Queste parole sono parte del ritornello di una delle mie canzoni preferite. Si intitola Prohibido ed è un vero e proprio inno all’anticonformismo. A suonarla è un gruppo rock argentino dal nome estremamente evocativo: i Callejeros. È infatti nelle calles della famigerata Matanza, nella zona sur di Buenos Aires, che sono nati e cresciuti quei ragazzi. Non molto distante da lì, nell’umilissimo barrio di Villa de Lujan, il 19 gennaio del 1993, è nato invece Adrian Ricardo Centurion, numero diez dal talento cristallino.

Il ritornello di Prohibido sembra dedicato proprio a lui, che del callejero ha tutto, a partire dallo sguardo di chi non riesce, non sa, anzi non vuole, scrollarsi di dosso il suo passato in un barrio humilde. D’altronde, chiunque allungherebbe il passo scorgendo dietro di sé uno con la sua faccia.

La sua provenienza, insomma, Ricardo ce l’ha stampata sul volto e questa ingombrante carta di identità è impossibile da occultare. Il fatto è che, nonostante le discriminazioni che questo comporta, Centurion non ha mai avuto la benché minima intenzione di nascondere da dove proviene. Al contrario, si è sempre esposto al giudizio di tutti, evidenziando in ogni modo possibile che si può togliere la tigre dalla jungla ma, levare la jungla dalla tigre, è molto più difficile.

Futbolisticamente, Centurion è un destro naturale, con il dribbling nel DNA, che ama partire dalla sinistra per poi accentrarsi verso la porta, con cambi di passo imprevedibili e brucianti. Purtroppo per lui e per il futbol, Ricardo non è stato solo questo. Ma andiamo con ordine.

Centurion esordì in primera nel 2012, all’età di 19 anni, con la camiseta del Racing, il club che lo ha cresciuto e lo ha salvato dai pericoli della calle.

All’epoca nessuno sapeva ancora chi fosse quel pibe con la faccia da cattivo ragazzo ma, da quel giorno, il suo nome incominciò a circolare come quello di un potenziale astro nascente. Sì, perché Ricardo si presentò sulla scena del futbol al Diego Armando Maradona, la cancha dell’Argentinos Juniors, freddando sul suo palo il portiere dei Bichitos Colorados.

Sulle spalle portava il numero 26 ma si capiva chiaramente che era già un diez e la sua esultanza, a ritmo di cumbia villera, era già quella che lo avrebbe reso celebre come “El Wachiturro”. Era un messaggio al mondo il suo e diceva chiaramente: ‘sono arrivato in primera ma continuerò a ballare come nel barrio’.

ll primo a credere nell’esplosione di quel ragazzo dalla cara sucia fu Luis Zubeldia, un tecnico giovane e dalle idee sfrontate, che intuì in Centurion le qualità perfette da affiancare al campione del mondo Mauro Camoranesi e al bomber di razza Pepe Sand. Dopo quell’esordio, il D.T. del Racing si fregava già le mani, ma la conferma delle sue intuizioni sembrò arrivare già nella giornata successiva, nella partita più attesa: il Clasico de Avellaneda.

Quel giorno, i Diablos Rojos dell’Independiente uscirono dal Cilindro sconfitti per 2-0, ancora disorientati dalla tecnica e dalla esplosività di Centurion, che fu l’indiscutibile figura del partido. Nemmeno il telecronista Rodolfo De Paoli sapeva ancora bene chi fosse quel numero 26, che stava mandando al manicomio i difensori del Rojo e che, per usare la sua stessa espressione, si era appena mangiato vivo l’esperto difensore Claudio Morel, causandone l’espulsione.

In quegli elettrizzanti istanti di telecronaca, lo confuse addirittura con Emanuel Centurion, un onesto mestierante che poco aveva a che vedere con la classe del Wachiturro. “Viva el futbol!” esclamava De Paoli, mentre Ricardo saltava Tuzzio come un birillo, subito prima di essere abbattuto da Russo. Sì, perché l’unico modo di fermarlo quel giorno era spendersi un giallo e, alla fine della partita, su sei ammonizioni comminate all’Independiente, ben cinque facevano parte del bottino personale di Centurion.

Quell’imprendibile numero 26, però, non assomigliava solo al classico funambolo, ma anche a un leone famelico, come quando conquistò con caparbietà un pallone che sembrava perso, per poi servire a Sand l’assist per il raddoppio, che fece esplodere di gioia la Guardia Imperial del Racing Club de Avellaneda.

1 – continua

Ti potrebbe interessare: No escucho y sigo: il credo di Ricardo Centurion – 2^ parte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Libertadores