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Ogni ciclo vincente si basa su alcune partite che hanno contribuito ad alimentarne la leggenda e a rendere ancora più grandi i giocatori e gli allenatori che ne sono stati protagonisti. Senza alcun dubbio l’apice della gestione Bianchi al Boca è stata la conquista della Coppa Intercontinentale del 2000 contro il Real Madrid.

Le due squadre che scesero in campo al National Stadium di Tokyo erano la miglior espressione possibile del calcio dei due mondi: da una parte il Boca, campione della Libertadores dopo aver battuto il Palmeiras, e come avversario il Real, vincitore della finale tutta spagnola col Valencia. I nomi in campo erano altisonanti: Bermudez e Hierro, Battaglia e Guti, Riquelme e Figo.
Tutti si aspettano una partita scoppiettante e piena di attacchi e contro attacchi.

Sin dal fischio di inizio la partita non deluse le aspettative, con il Boca a fare gioco portando un costante pressing sui terzini merengues. Infatti proprio su un errore di Geremi nasce il primo gol del Boca: al secondo minuto dopo aver recuperato il pallone Matellan pesca sul filo del fuorigioco Delgado che mette in mezzo dove quell’autentica macchina da gol di Martin Palermo mette in porta per l’1-0. Dall’altra parte del mondo l’Argentina si blocca.

1-0? Ma davvero? I giocatori del Real recuperano il pallone dal fondo porta e lo riportano a centrocampo a testa bassa, “come è potuto succedere?” sembrano chiedersi. Nel frattempo Carlos Bianchi in panchina si strofina le mani e tra se e se pensa, quasi a leggere le menti dei giocatori avversari, “Martin Palermo, ecco come è successo”.

Il Real stordito dal colpo ricevuto cerca di aggrapparsi ai suoi fuoriclasse per provare a pareggiare, peccato che il vero fuoriclasse – che prenderà in mano la partita – sia sceso in campo con la maglia azul y oro. Riquelme riceve il pallone nella sua trequarti e alzando gli occhi vede che sta partendo Palermo, lo pesca con un lancio che il numero nove deve solo far rimbalzare una volta per poi colpirlo con il sinistro di contro balzo. Casillas anche questa volta non può nulla.

Se gli argentini ci credevano dopo un gol figurarsi adesso, in pochi secondi vengono percorse le migliaia di chilometri che dividono il paese del sol levante dalla patria del tango e la partita si sposta nella Bombonera, sembra che ogni spettatore presente all’interno del National Stadium abbia un drappo blu e giallo.
Il Real non può accettare una sconfitta del genere e attacca con tutti i mezzi che ha: Roberto Carlos, fantasista dirottato sulla fascia sinistra, colpisce la traversa all’ottavo e dopo tre minuti accorcia con un tiro al volo che questa volta supera Cordoba e muore in rete.

Che inizio! Tre gol, uno meglio dell’altro, in meno di un quarto d’ora! Chi c’era allo stadio quel giorno e i milioni di spettatori incollati allo schermo in giro per il mondo, non sanno che da qui in avanti la partita sarà un altro evento rispetto a quanto sta per andare in scena. Più passano i minuti più Román sembra prendere consapevolezza dei suoi mezzi, ogni volta che tocca il pallone ci mette quel pizzico di malizia – la picardia – che basta per far impazzire i centrocampisti del Real e mandare in estasi i suoi tifosi.

Scherza Makelelé facendogli fare un tour del campo a suon di colpi di suola, cambi di ritmo e finte di bacino che costringeranno Del Bosque a sostituire il francese, letteralmente stordito, un’ora dopo. Fa letteralmente ammattire i terzini dei Blancos sfruttando quella sua capacità innata di usare la linea laterale non come nemica ma come se fosse un precipizio sul quale lui può ballare con la sua compagna di mille serate, la palla. Ovviamente questo non sarebbe possibile per Roman se alle sue spalle non avesse tre giocatori come Serna, Battaglia e Basualdo. Il primo è perfetto a schermare gli attaccanti del Real per fargli arrivare solo palloni sporchi, Basualdo fa le due fasi come – francamente – non ha mai fatto in tutta la sua carriera e Battaglia non lascia intatto un singolo filo d’erba, dando una prova sul campo del perché sia il giocatore più titolato della storia del Boca.

Per tutta la partita il Real proverà a salire ma si scontrerà con la presenza fisica del capitano, il Patron Bermudez. Se nel primo tempo aveva avuto bisogno di qualche azione per capire i movimenti avversarsi nella ripresa decide di tirare giù la saracinesca e non far passare nemmeno l’aria, coordina perfettamente la difesa, con Traverso che vince ogni contrasto aereo, e infonde la sicurezza necessaria a portare a casa un risultato storico. E’ un vero capitano, il primo a crederci, l’ultimo a mollare.

Anche se un disperato Del Bosque aumenta di continuo il suo potenziale offensivo, il Boca vedendo il cronometro che corre, non ha motivi per non credere nell’impresa. Il compito che Carlos Bianchi esige dai suoi negli ultimi minuti è uno solo: TENERE IL PALLONE LONTANO DA CORDOBA!

L’arbitro non ha ancora portato il fischietto alla Boca quando la panchina del Boca sta già esultando, il triplice fischio serve solo a formalizzare una vittoria già metabolizzata dal sesto minuto del primo tempo e a consegnare Oscar Cordoba, Hugo Ibarra, Jorge Bermudez, Cristian Traverso, Anibal Matellan, Sebastian Battaglia, Mauricio Serna, José Basualdo, Juan Roman Riquelme, Marcelo Delgado, Martin Palermo e Carlos Bianchi alla LEYENDA xeneize.

Di Niccolò Frangipani


calcioargentino.it

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11 commenti su “BOCA-REAL: SUL TETTO DEL MONDO

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