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Lio Messi, Julian Alvarez, ma soprattutto, Emiliano Martinez. E’ lui l’eroe che ha salvato più volte dall’abisso la Scaloneta e l’ha portata per mano verso la Copa più leggendaria del Pianeta. Sua la scena finale dove, ancora una volta, ha fatto il bello e cattivo tempo nel suo ennesimo show da arquero imprevedibile.

E’ il miglior portiere del campionato del Mondo e lo è stato anche nell’ultima -conquistata- Copa America. Emiliano Martinez sta vivendo una seconda giovinezza tra i pali della porta della Selección dopo una carriera pressochè anonima a livello di club, tra panchine e continui prestiti. Molta impressione ha suscitato la sua capacità nell’ipnotizzare gli avversari dai tiri dagli undici metri, ma poco si è parlato dei suoi metodi leciti/poco consoni per indurre l’avversario all’errore nella battaglia psicologica dei penales. In questo articolo, liberamente tratto dal Thread su twitter del professore di psicologia dello sport, Geir Jordet, parleremo dei giochi mentali utilizzati dal Dibu nei calci di rigore decisivi nella finale contro la Francia, determinanti per ‘destabilizzare’ l’avversario. Emiliano è uno stratega subdolo dalle mille sfacettature.

PARTITA A SCACCHI. Sono appena terminati i supplementari della finale mondiale e il risultato è ancora in parità. Dopo il sorteggio, Emiliano Martinez prepara il terreno di battaglia, prendendo possesso dell’area di rigore. Fin dall’inizio. Mentre Lloris sta arrivando con calma dal centrocampo, Martinez è già nei pressi della porta e aspetta il portiere francese, come se stesse accogliendo un ospite a casa sua: “Sei a casa mia adesso!”, sembra voler dire l’arquero attraverso questa circostanza.

Quando finalmente arriva Lloris, Martinez lo accoglie con una stretta di mano. Lo stesso succede con Mbappé. Ed questo è il suo stile. All’inizio della contesa si dimostra caloroso e affabile, il che, fa abbassare la guardia agli avversari, rendendoli più vulnerabili. Poi, colpisce senza pietà. Questa sorta di ambiguità fa parte della sua subdola strategia.

All’inizio della ‘battaglia’, le interruzioni di Martinez sono silenziose e sottili. Si comporta così per conoscere e capire l’arbitro, per rendersi conto fino a che limite può spingersi. Con Mbappe, sollecita l’arbitro a controllare il posizionamento della palla. L’arbitro gentilmente obbliga Kylian a risistemare la palla e successivamente risponde con un ‘pollice in su’ verso il portiere. Vittoria di Martinez sull’arbitro, anche se l’attaccante segna. Prima missione completata.

Con Coman, Martinez spinge un po’ di più, costringendo il polacco Marciniak a intervenire, educatamente. Ancora una volta, convince l’arbitro a controllare il posizionamento della palla e suscita una risposta compiacente. Ora Martinez sa di comandare l’area di rigore e può mettersi al lavoro appieno. Altro pollice in su dell’arbitro a Martinez, con quest’ultimo che ormai spadroneggia a livello mentale, comandando definitivamente l’arbitro.

I portieri raramente festeggiano copiosamene dopo aver parato i rigori. Martinez invece è un’eccezione. La letteratura dimostra che le celebrazioni di effetto e intense segnalano fiducia, dominio e superiorità, influenzando positivamente i compagni di squadra e negativamente gli avversari. Martinez capitalizza al massimo la sua prima parata.

Quando Tchouaméni è pronto, Martinez è fiducioso in ciò che può e non può fare e smette di stare al gioco. Prima si impossessa della palla come se fosse SUA. Inoltre, mentre l’arbitro e Tchouaméni aspettano, si prende il suo tempo mentre invita i tifosi argentini ad alzare il livello dei decibel. Altro aspetto importante che il portiere sfrutta a suo vantaggio: il tifo a favore.

Un attimo dopo, invece di passare la palla a Tchouaméni, la butta via, costringendo l’avversario a prenderla. La mancanza di rispetto ora è chiara ed evidente. Nessuna sanzione da parte dell’arbitro. Questo dice a tutti chi, in quel delicatissimo momento, è al comando. Quando Tchouaméni è finalmente pronto, Martinez gli fa un sorriso compiaciuto. Il francese non reggerà la pressione.

Paredes per l’Argentina. Martinez sa che Lloris potrebbe essere anch’egli propenso a imitare i suoi giochetti mentali. Per evitarlo, afferra rapidamente la palla e la dona direttamente a Leandro, non lasciando nulla al caso e non dando a Lloris alcuna possibilità di copiare la sua ultima mossa. In questo caso è proattivo ed efficace.

Con il quarto rigorista francese, Kolo Muani, Martinez sembra prima comunicare e gesticolare con un membro dello staff a bordo campo. Poi, a Muani dice più volte “ti tengo d’occhio!”. Ora, il cartellino giallo è inevitabile, ma ormai è troppo tardi, Martinez a livello mentale ha già praticamente in tasca la Copa.

I giochi mentali di Emi Martinez sono efficaci, imprevedibili e calcolati. È subdolo, ma allo stesso tempo è un grande ‘decodificatore’ del linguaggio del corpo dell’avversario. Usa una tattica studiata a tavolino e la esegue maniacalmente alla lettera. E’ il Machiavelli del calcio e ha stimolato altri portieri a studiarlo e a creare contromosse. Con questa sua masterclass nel palcoscenico di miliardi di spettatori ha dimostrato a tutti di essere il più forte portiere del mondo.

Questa strategia non deve però oscurare la grande abilità di Emiliano nell’essere un ottimo portiere, specializzato nel parare i rigori. I due aspetti lavorano di pari passo, conferendo all’arquero un ulteriore grande aiuto oltre all’instinto innato, ponendo definitivamente el Dibu come uno dei portiere più difficili da superare dai tiri dal dischetto.

Un commento su “Final Qatar 2022: el Dibu Martinez e la psicologia dei rigori

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