0 7 minuti 4 anni

Un’ora e sette minuti, 488 km.
Questo separa la città francese di Nantes dall’inglese Cardiff. Cosa può succedere nel frattempo? Qualunque cosa.

La peggiore è accaduta il 21 gennaio del 2019 a bordo del Piper PA-46 Malibu del 1984. Ci era salito Emiliano Sala, dopo aver scritto su Instagram (e quanto sa essere bastarda anche l’ironia del fato…): “L’ultima, ciao Nantes”. L’attaccante argentino si riferiva all’ultima foto insieme al gruppo di compagni coi quali aveva condiviso lo spogliatoio e il miglior risultato possibile: essere più avanti anche di Kylian Mbappé nella classifica dei marcatori del campionato.

Invece, diremo poi che quella frase era l’ultima di sempre. Dopo, Sala non ha avuto più voce. Ha avuto solo una tastiera per digitare l’ultimo messaggio mentre l’aereo crollava a picco senza direzione nel Canale della Manica: “Qui cade tutto a pezzi, ho paura”.
Quanto sia durata la paura nessuno può dirlo, perché i sentimenti non hanno unità di misura.

Il Piper lasciò alle 20:15 locali Nantes ed ebbe l’ultimo contatto con il controllo del traffico aereo del Baliato di Jersey alle 20:30. Si trovava a 7 miglia nautiche a nord ovest di Alderney. Alle ore 21:22 l’aereo precipitava, secondo l’Air Accidents Investigation Branch, e ne venne ritrovato il relitto soltanto giorni dopo: due cuscini da sedile su una spiaggia di Surtainville, a 40 km proprio da Alderney. Sull’aereo vi erano saliti soltanto Emiliano Sala e il pilota David Ibbotson, della cui licenza per guidare aerei si è discusso molto nei mesi successivi. La salma del secondo non è mai stata ritrovata, il corpo dell’argentino sì: ferite alla testa e al tronco, ma a ucciderlo potrebbe essere stato il monossido di carbonio respirato.

Nessuno lo sa, così come nessuno saprà mai se Emiliano fosse stato costretto o meno a salire sull’aereo, se si sapesse del malfunzionamento del velivolo e se David avesse le conoscenze sufficienti per condurlo da una nazione all’altra.
Ma sono davvero queste le risposte mancanti che fanno più male?
Forse, fa più male non poter sapere se Emiliano avrebbe portato per sempre in tasca una foto di Gabriel Omar Batistuta, il suo idolo e amuleto ogni volta che sosteneva un provino o delle visite mediche con un nuovo club. Forse, fa più male non poter dedicare un’esultanza alla famiglia che aveva e ai figli che avrebbe voluto. Forse, è più difficile addormentarsi la sera sapendo che Emiliano non suonerà più la chitarra, in assoluto la sua seconda passione dopo il calcio. E gli occhi di chi guarderanno le sue serie TV al posto suo?
La Premier League… Con quale emozione vi avrebbe giocato? L’aveva sognata per tutta la vita. Non più della Serie A, sia chiaro. Ma quella promessa l’aveva fatta ai nonni: vestire una qualsiasi casacca di una squadra tricolore e poter finalmente parlare in italiano, come a lui piaceva. Le origini le portava dentro, molto dentro. Nel cuore.


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Nessuno saprà mai quali altri sogni Sala aveva in mente. Magari li aveva detti a Nala, la sua cagnolina. Più umana di un essere umano, non ha più abbaiato. Ha aspettato che tutti potessero salutare Emiliano e si è accucciata fuori la camera ardente allestita per l’occasione. Solenne il suo muso, perché è più profondo il dolore.
Il Nantes, ultima squadra della quale Sala aveva indossato la maglia, ha ritirato per sempre il numero 9. Un anno dopo, non è cambiato niente: c’è un campo da calcio che ancora aspetta Emiliano. Si tratta del suo Stade de la Beaujoire. In occasione della sfida casalinga contro il Bordeaux, i tifosi del Nantes hanno occupato ogni ordine di posto dell’impianto per realizzare un omaggio coreografico unico all’argentino: un’intero settore con la sua immagine su uno sfondo giallo e verde, che ricorda i colori social del club. Sul terreno di gioco la sua immagine che ricopre tutto il cerchio centrale della metà campo e coriandoli e festoni per esaltare la memoria, che conserva solo ciò che vale la pena portarsi dietro.

Il Nantes ha indossato una maglia diversa, una maglia da edizione limitata. Il colore è bianco con strisce verticali celesti, per l’Argentina, la patria di Emiliano Sala. Tutti i calciatori sono scesi in campo con l’uniforme albiceleste e i profitti della vendita delle magliette saranno poi devoluti in favore dei due club argentini in cui è cresciuto l’ormai ex giocatore, tra cui Proyecto Crecer.
Attraverso un video, poi, tutti i compagni di squadra hanno dedicato un pensiero personale a Emiliano.

E’ trascorso un anno e pochi giorni dopo il primo anniversario, un altro cielo si è portato via Kobe Bryant. Un’icona dello sport mondiale di ogni tempo, non solo di quello che rappresentava, vale a dire il basket. Lo statunitense dal sorriso dolce era seduto a bordo di un elicottore con accanto sua figlia, una delle sue. L’avrà abbracciata? Cosa le avrà detto? Nemmeno questo sapremo mai. Eppure anche stavolta sembra che per nascondere un dolore ci sia stato bisogno di apporne un altro sopra, per alcuni anche più grande.
Se siamo qui a raccontarlo, vuol dire che non siamo consapevoli di quello che si prova un secondo prima del non esserci più e nemmeno possiamo immaginare dove vadano a finire tutte le anime. Ci piace pensare, nel caso di Sala, che Nala lo sappia. A lei qualcuno l’avrà detto.

Allora non ci resta che sperare che un omaggio basti per farsi notare da lassù e il coro si leva a voce un po’ più alta per far arrivare il suono oltre le nuvole. Pare che lì non faccia freddo e non si senta il gelo del vuoto. Il vuoto che lascia chi, come Emiliano, è andato via, invece di restare. Restare a farci ancora un po’ di quella bella compagnia.

di Sabrina Uccello


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