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L’Independiente piange Juan Calvente, il tifoso assassinato, al seguito della sua squadra del cuore.

Il cuore pieno di passione per l’Independiente di Juan Calvente non batte più. Una vita è stata drammaticamente spezzata, un padre non farà più ritorno a casa dai suoi due bimbi. Si è consumata così brutalmente la guerriglia sull’Autopista Buenos Aires-La Plata avvenuta sabato scorso. Scontri tra tifosi rivali, faide interne? No, questa volta si tratta di codarda vendetta. Juan è stato assassinato mentre andava ad assistere l’amichevole precampionato della sua squadra del cuore contro il San Lorenzo.

Due storie che all’improvviso si scontrano frontalmente. Da una parte un gruppo di manifestanti che occupano l’autostrada in segno di protesta dopo il blackout che affligge da alcuni giorni il barrio Rancho Viejo de Wilde, e dall’altra, la carovana di tifosi del Rojo bloccata sull’autostrada che invece segue in trasferta la squadra.

Gli eventi precipitano molto velocemente. I tifosi scendono dai pullman e riescono a farsi strada sfondando il blocco, ma la rappresaglia dei manifestanti si dimostrerà letale. Dai bordi della carreggiata il picchetto si riorganizza e fa partire una scarica di armi da fuoco che investe gli autobus. Juan viene colpito subito al petto e si accascia a terra in una pozza di sangue. Per il 35enne non ci sarà più niente da fare, muore a causa del proiettile che gli recide l’Aorta. E’ già tardi anche per l’ambulanza che a sirene spiegate lo porta nell’ospedale più vicino, a Bernal.

Juan Calvente.
Un post di Juan Calvente

I pullman dei tifosi scappano via, ma la vendetta dei manifestanti non si fermerà e continuerà la loro azione distruttrice, prendendo di mira e danneggiando le strutture sociali del Club nella sede distaccata di Wilde. Alla fine il bilancio sarà di un morto e trenta feriti, per una giornata di follia totale. Il Club Independiente piange il suo tifoso attraverso il post pubblicato negli account social, non senza denunciare l’assenza totale di forze di polizia al seguito dei tifosi e chiedendo dimissioni per tutto l’apparato di sicurezza.

Si piange oggi un ragazzo che non c’è più, assassinato per la sola colpa di seguire la sua squadra del cuore. Non era un Barrabrava, non era un violento. Era un padre che insegnava la canzoni del Rojo ai suoi due piccoli. Troppo forse, per quest’Argentina povera e violenta, che non risparmia neanche gli innocenti.

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